Ho letto un’interessante articolo sulla scoperta di uno scienziato americano, secondo cui l’amore non sarebbe altro che un “modesto cocktail chimico”.
Scoperto l’ormone (ossitocina) che regola la dipendenza di due mammiferi, e facile pensare come potrebbe essere impiegato per creare elisir d’amore o anti-afrodisiaci per non innamorarsi!
Di una cosa son certo, e non ci voleva lo studioso di turno per saperlo, l’amore crea dipendenza! Probabilmente come la nicotina o la cocaina.
Ecco l’articolo:
Secoli di poesia in fumo e decenni di film-polpettoni distrutti. Soprattutto millenni di illusioni fatti a pezzetti. Se la scienza sa essere iconoclasta, la neuroscienza dell’americano Larry Young, professore alla Emory University di Atlanta, in Georgia, è l’icona perfetta. Perfidamente enunciata nel linguaggio algido richiesto dalla rivista più autorevole – «Nature» – la sua scoperta riduce la metafisica dell’amore romantico a un modesto cocktail chimico.
Cercate un po’ di ormoni e sbarazzatevi dei sentimenti e nelle reciproche reazioni molecolari troverete la spiegazione di tutto, anche delle storie che credevate più straordinarie. Non solo. Avrete anche scenari che farebbero sogghignare i contemporanei di Mago Merlino: Young spiega che non è lontano il giorno delle pozioni d’amore e degli antidoti, come nelle classiche avventure dei cavalieri medievali, senza paura di fronte a un drago e tonti davanti alle fatine dagli occhi azzurri. La medicina potrà produrre l’afrodisiaco perfetto (quello che fa innamorare la velina di un qualunque bruttino senza il torace scolpito e il portafoglio gonfio di un calciatore) e l’anti-afrodisiaco, che spezza per sempre relazioni pericolose e, ancora, potrebbe trasformare in obbligo sociale il «love test», l’esame con cui si verifica al di là di ogni dubbio se due persone sono compatibili e predisposte a un’accettabile vita di coppia.
Insomma, mentre la fisica va alla ricerca della Teoria Unificata, che metta insieme Relatività e meccanica quantistica, ecco servita la «Grande Teoria Unificata dell’Amore», ironizza il «New York Times». «Le emozioni si sono evolute da comportamenti che appartengono al regno animale», sostiene Young, che ha trovato la soluzione nei cervellini dei «prairie voles», i roditori che condividono con noi la tendenza alla monogamia (solo il 5% dei mammiferi è «programmato» per non eccedere con i partners). Studiandoli nei laboratori dello «Yerkes National Primate Research Center», ha visto che l’attaccamento di una femmina per il compagno dipende dall’ossitocina. Tanto più salgono i livelli di questo ormone (o li si altera) tanto più forte diventa la love story.
Specularmente, è un altro ormone – la vasopressina – a scatenare nei maschi l’esigenza del rapporto a due. I topolini a cui la dose viene ridotta o che, per motivi genetici, non ne hanno abbastanza si rivelano poco romantici e hanno maggiori difficoltà a mettere su famiglia. Dato che i nostri neuroni comunicano nello stesso modo, l’articolo su «Nature» arriva alla conclusione che sappiamo amare solo perché spinti da «una catena di eventi neurochimici in specifiche aree cerebrali».
L’origine del meccanismo – dice – è di tipo evolutivo: nacque nelle menti dei nostri progenitori, quando la Natura fu costretta a inventare un modo per cementare il legame madre-neonati. Lo trovò, appunto, nell’ossitocina. Prodotta dall’ipotalamo e secreta dalla neuroipofisi, agisce al massimo durante il travaglio, il parto e l’allattamento. «Parte della nostra sessualità ha preso forma per stimolare lo stesso sistema ormonale che si crea tra le mamme e i figli». E l’efficacia del processo – aggiunge il professore – spiega il desiderio delle femmine di fare sesso anche quando non sono fertili e l’attrazione dei maschi per i seni: il sesso unisce grazie alla capacità di mantenere alto questo «cocktail di neuropeptidi».
L’amore, così, si svela sotto un’altra luce, perfino inquietante: è una forma di dipendenza. E, guarda caso, l’ossitocina genera le stesse «ricompense neuronali» della nicotina e della cocaina. «Certo, stiamo osservando la superficie – nota Young -. Ci sono centinaia di tipi di segnali chimici nel cervello, ma, quando avremo la mappa completa delle interazioni, capiremo tutte le emozioni». E avremo i vaccini adeguati. Per esempio, uno che dia l’«aiutino» alle coppie in crisi e un altro che metta al riparo da disastrose infatuazioni.
Che vi piaccia o no, è alle porte l’era del Viagra dei sentimenti.
(di GABRIELE BECCARIA – www.lastampa.it)